L’ATTIMO DI SPLENDORE
(II
di Quaresima)
Ricòrdati, Signore, della tua tenerezza e del tuo
amore, che sono da sempre. Signore, Dio d’Israele, salvaci da ogni nostra
tribolazione.
Il Signore ama, con uguale amore, tutti i popoli della
terra e vuole che lo sàppiano tramite Abramo, che ha chiamato da Ur dei Caldei.
Abramo non ha figli e ne è addolorato. Una notte, di
sereno, il Signore lo chiama fuori dalla tenda: “Guarda in cielo e conta le
stelle, se riesci a contarle: tale sarà la tua discendenza”. Egli credette al
Signore. Poi offrì un sacrificio. Nella notte, in mezzo alle vittime del
sacrificio passa un fuoco, simbolo della presenza del Signore: nella Sua
fedeltà sta la nostra salvezza.
Il Signore concluse questo patto con Abramo: “Alla tua
discendenza io do questa terra, dal paese d’Egitto al grande fiume, l’Eufrate“
).
Sembra che queste parole siano state fissate e messe
per iscritto durante l’esilio.
Il Salmo 26/27 è una professione di fiducia nel
Signore in mezzo alle contraddizioni della vita. La fiducia in Lui precede la
supplica.
Il Signore è mia luce di salvezza, chi mi può far
paura? Il Signore è riparo alla mia vita, chi può farmi tremare? Oh avessi la
certezza di vedere la bontà del Signore in questa terra di vivi!
Spera nel Signore, sii forte nel tuo cuore e spera nel
Signore. Gesù è in assiduo contatto con il Padre e il Padre gli fa conoscere la
via da percorrere, passo dopo passo. Una notte Gesù è sulla montagna, accompagnato
dai discepoli più vicini (Luca9, 28-36). Si può pensare che nella preghiera
abbia chiesto al Padre di far comprendere ai discepoli il significato dell’Esodo
che avrebbe dovuto compiersi a Gerusalemme. Forse alle prime luci dell’alba,
l’aspetto del suo viso divenne un altro e il suo abito divenne bianco sfolgorante.
Le parole della Scrittura erano per Gesù una presenza
vivente: Mosé ed Elìa rappresentano tutta la speranza d’Israele. A Pietro,
Giovanni e Giacomo è dato, senza aver gustato la morte, di vedere tutta la
gloria di Dio risplendere sul volto di Gesù.
“Ti ringraziamo, o Signore, perché a noi, pellegrini
sulla terra, fai pregustare i beni del cielo” (preghiera dopo la Comunione). “E’
questo il Figlio mio, quello prescelto. Date ascolto a Lui”: la voce è seguita dal
silenzio. Rimane Gesù solo.
San Paolo, dal carcere, invita la comunità di Filippi
a porre tutta la propria sicurezza nella vivente presenza e attesa del Signore:
Il nostro diritto di cittadinanza è quello del cielo infinito. Dal cielo,
infatti, attendiamo come Salvatore il Signore Gesù che renderà la figura del
nostro fragile corpo conforme al suo corpo di splendore.
In conclusione, miei cari e tanto desiderati fratelli,
gioia e splendore mio, rimanete in piedi fermissimi così, nella persona del
Signore, miei cari (3,17- 4,1). Porgi l’orecchio al mio grido, ascolta la voce
della mia preghiera, o mio Re e mio Dio, poiché supplico Te.
Perché Lui solo è il Signore di tutti, che ha ricchezze per tutti coloro
che si rivolgono a Lui, senza paragone con le ricchezze proposte dal diavolo a
Gesù. Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvo.
(a cura di Silvano Scarpat)
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