Continuano le misure per contrastare il “coronavirus”.
I fedeli non possono partecipare alle S. Messe. Nel rispetto delle regole imposte
dall'emergenza possiamo pregare nelle nostre case, piccole chiese domestiche.
Per chi ha fede, il silenzio, la
preghiera in famiglia, la penitenza e le opere di carità sono già un antidoto
ai virus dell'indifferenza, dell'egoismo, dell'odio, del pensare solo a se stessi,
frutti di satana, spirito del male.
In questo mese di maggio, anche su indicazione del Papa, siamo invitati tutti a recitare
il S. Rosario. Don Vito Pegolo
Di seguito sono riportati il brano del Vangelo di oggi e il commento che ci
aiuta alla sua comprensione.
Vangelo: Gv 14,1-12
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore.
Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando
sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me,
perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la
via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo
conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io
sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo
di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo
conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta».
Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai
conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire:
“Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le
parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me,
compie le sue opere.
Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli
compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io
vado al Padre»
Tommaso e Filippo, la strada e la casa (Giovanni 14,1-14)
(commento del diac. Silvano Scarpat)
Nelle due domeniche che precedono la festa dell'Ascensione ci viene proposto il discorso di Gesù all'ultima cena. Dopo che Giuda è uscito nella notte, Gesù consegna “il comando nuovo, che vi amiate a vicenda anche voi, come io vi ho amati. Da questo potranno conoscere tutti che siete discepoli miei, se tra voi avete amore”: Giovanni con grande trepidazione custodisce queste parole, poi le ha scritte e sono giunte fino a noi. C'è il presentimento che qualcosa di drammatico potrebbe avvenire da un momento all'altro e che le loro stesse vite potrebbero essere in pericolo. Gesù li rassicura: “Non dovete stare
più con l'animo agitato. Date fiducia a Dio e date fiducia anche a me”.
Voi, “figlioletti”, siete preziosissimi, amati da mio Padre ad uno ad uno,
appartenete alla sua famiglia, non come estranei ma come vi appartiene un
figlio: mio Padre non vi farà mai mancare nulla. “Se non fosse così, vi avrei
detto che vado a preparare un posto per voi” (seguo la traduzione di Giuseppe
Sandri, La buona notizia, Libreria Editrice Fiorentina). “Anche voi
dovete stare dove sono io”. Gesù, ricevuta da sempre l'essenza e la dignità di
Figlio, ha il compito di introdurci nella sua stessa condizione filiale: la
bellezza di poter vivere già qui fin d'ora “nella casa del Padre”, ciascuno con
una propria mansione, una appartenenza unica, praticando il comando nuovo.
“Gesù ci comunica il segreto dell'ospitalità. Egli ospita il Padre in quanto è
ospitato da Lui. Essere ospite del Padre rende Gesù capace di ospitare il
mondo, abitandolo come nessun altro, perfino quando il mondo non lo riconosce:
Egli si sente sempre a casa sua, il mondo è una casa affidabile. Quanto più si
è abitati dal Padre, tanto più si è capaci di abitare il mondo”. Noi, piccoli
figli, possediamo tutto perché tutto ci è donato.
Le domande di Tommaso e Filippo sono preziose per poter
capire meglio. Dice Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai, come possiamo
sapere la strada?” Gli risponde Gesù: “Io sono la strada, quella vera, quella
viva”. Gesù, presente tra i suoi, vivo e presente oggi: le sue parole ci
parlano, a Lui ci si può rivolgere in ogni momento del giorno e della notte,
presente nei sacramenti, nel perdono, nella grazia. E' la strada sicura: a
volte ci si ferma, forse anche ci si perde; la si ritrova – che bello ritrovare
le sue orme! - Lui la strada della vita. Poi è la volta di Filippo, uno dei
discepoli della prima ora: “Signore, per noi è sufficiente che Tu questo Padre
ce lo faccia vedere!” Filippo ha capito l'essenziale: Gesù non ha fatto altro
che parlare del Padre ed eseguire la sua volontà. “Filippo, Io esisto nel Padre
e il Padre esiste in me!” Noi, per essere qualcuno tendiamo a distinguerci, ad
opporci uno all'altro. Gesù ci insegna un'altra via: siamo padroni di tutto
perché tutto continuamente ci è donato. Dei suoi genitori Valentina dice:”Se
fossi mamma e papà non potrei fare di meglio!” (Valentina Villalta, Poesie,
pag. 5). Così Gesù di suo Padre: non saprei fare di meglio.
A Gesù dispiace lasciare i suoi, immensamente. Sa di averli
avvicinati al Padre. Con il salire al
Padre di Gesù, l'universo ha trovato la direzione, il suo Creatore, la nostra
terra un respiro insopprimibile. “Per questo vi dico: tutto quello che
domandate nella Preghiera abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato”
(Marco 11,24).
Immagine:
Pisa (Duomo): Cristo Pantocratore.