Guai a coloro che si considerano
sicuri in Sion,
A quanti si sentono forti sulla montagna di Samaria!
Mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli della stalla,
ma non si dolgono per la rovina di Giuseppe:
perciò ora andranno in esilio alla testa dei deportati
e finirà l’orgia dei dissoluti! (Amos 6,1-7).
A quanti si sentono forti sulla montagna di Samaria!
Mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli della stalla,
ma non si dolgono per la rovina di Giuseppe:
perciò ora andranno in esilio alla testa dei deportati
e finirà l’orgia dei dissoluti! (Amos 6,1-7).
Di nuovo dal Libro del profeta
Amos un avvertimento, estremo, a quella che si considerava la prima delle
nazioni. Sion e Samaria per i regni del sud e del nord, di Giuda e
di Israele, rappresentano l’organizzazione politica, il potere economico, la
sicurezza religiosa. Giuseppe sta a indicare gli abitanti del Regno del
nord, nella loro appartenenza alla storia santa.
Le grandi colpe d’Israele sono il
culto ipocrita, il lusso sfrenato delle classi privilegiate, la falsa sicurezza
religiosa, l’ingiustizia.
Ebbene – dice Amos – è imminente
la disfatta di quel Regno, che avvenne nel 722 a.C., con la conquista di Samaria
ad opera degli Assiri. La deportazione riguardò soprattutto i notabili della
società, mentre la popolazione contadina rimase sul posto, al suo lavoro.
Il libro di Amos termina con una visione di speranza:
“Quel giorno rialzerò la
capanna di Davide che era caduta,
ne riparerò le brecce, ne
rialzerò le rovine.
Ricostruiranno le città
desolate e le abiteranno,
pianteranno vigne e ne
berranno il vino,
coltiveranno orti e ne
mangeranno i frutti”,
dice il Signore, il tuo Dio
(9,11-15).
La
parabola del ricco e di Lazzaro, il mendicante,
si ispira ad un racconto popolare, conosciuto anche in Egitto.
Lazzaro, come Giobbe, è abbandonato
da tutti: solo i cani, di tanto in tanto, lambivano le piaghe di lui. Ma
il suo nome significa “colui che Dio aiuta”.
Con la morte dei protagonisti, la
situazione si capovolge.
Vertice del racconto sono le
parole di Abramo: “Hanno Mosé e i profeti, dìano ascolto a quelli!”.
La parabola è rivolta
particolarmente ai farisei.
Il ricco non vide il mendicante
perché non amò. E’ l’amore che fa vedere le necessità, che fa udire le
invocazioni inespresse, che ci fa parlare ed agire dove altri non trova niente
da fare: il ricco ignorò la fonte stessa della vita.
L’esistenza umana, per quanto sia
povera, umile, calpestata ed inferma, è un bene inestimabile. “Fra i poveri più
abbandonati e maltrattati c’è la nostra oppressa e devastata terra” (Francesco,
Laudato si’ 2).
San
Paolo conclude il primo messaggio a Timoteo con una esortazione accorata. La
chiesa di Efeso, affidata alla ‘sorveglianza’ del giovane discepolo, sta
scivolando verso una fede che non riscalda più il cuore..
Ma tu, fuggi coteste cose. Combatti
il glorioso combattimento della fede. Conquista la vita che dura per sempre,
sotto gli occhi di quel Dio che fa nascere tutte le cose alla vita e dona tutto
con abbondanza perché ne godiamo; e sotto gli occhi di Gesù, che davanti a
Pilato diede la sua bella testimonianza; fino a che non appaia il volto di lui,
del Signore Gesù – “Non si è mai soli, quando si è in attesa di qualcuno”.
Timòteo, sii fedele a questa
consegna...
quel grande amore vi
accompagni! (I Timoteo 6,11-16).
9.30 - Santa Messa
11,00 – Per la comunità.
18,00 – Def. Zambon Sergio (Momoletti) - Benefattore
18,00 – Def. Gambron Domenico
09,45 – Def. Fort
Alessandro ordin. dalla famiglia
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